Le barriere alla comunicazione: valutare l'altro

V.I.S.S.I. Non è solo il passato remoto del verbo "vivere". Anni e anni di studi ed approfondimenti scientifici sul tema della comunicazione interpersonale, ci lasciano in eredità questo acronimo ricco di significato per quel che riguarda la presa di coscienza di quegli atteggiamenti che ostacolano il buon flusso comunicativo tra esseri umani.

Valutare. Indagare. Sostenere (eccessivamente). Soluzionare. Interpretare.

Tutto (o buona parte di) ciò che pone una barriera quando si parla con l'altro, e che portiamo avanti come un retaggio da intere generazioni.
Eredità dei nostri genitori. Dei nostri nonni. Dei nostri bisnonni. Cementata da decenni di messaggi mass mediatici e culturali. Che mettiamo in atto in maniera naturale senza rendercene conto.
Si tratta infatti di strutture linguistiche e di pensiero che appartengono al modo comune di porsi nei confronti degli altri, e che affondano facilmente le loro radici nella nostra quotidianità.
Utilizzeremo questo spazio per vedere nel corso delle prossime settimane, che impatto possono avere tali azioni.
Cominciando oggi con la V di Valutare.
 Valutare qualcuno mette quel qualcuno nella condizione di ricevere una nostra valutazione. Ergo, è roba nostra, non sua. Lui/lei non ce l'ha chiesto. Ci avete mai pensato?
Eppure quante volte abbiamo valutato qualcuno, se non addirittura noi stessi?
Lo facciamo in continuazione. "Sei disordinato", "Sei permalosa", "Sono un idiota" (imparare a parlarsi in maniera positiva è qualcosa che può migliorare notevolmente la nostra qualità della vita... provare per credere).
Ma siamo davvero così sicuri che quella sia una persona in grado di accogliere quella valutazione in maniera costruttiva, senza che questa non porti a nessun tipo di ripercussione? Ed è davvero così fondamentale per noi dire quel qualcosa a quella persona?

Questo mette l'altro in una posizione di "difesa", ed ostacola la comunicazione, che non scorre più in maniera fluida. Chi si sentirebbe desideroso di continuare una conversazione in maniera assertiva con una persona che ci ha appena dato degli stupidi? La valutazione è una di quelle azioni comunicative che ha come conseguenza: la fuga, il muro, l'attacco. Me ne vado, non ti rispondo più o ti aggredisco (verbalmente in un ambito civile).
Eppure sono frasi che quotidianamente vengono pronunciate da nonsisaquantemila persone. Ed il numero di persone che pronunciano un messaggio simile è direttamente proporzionale al numero di persone che lo ricevono.
Che impatto può avere tutto questo su un adolescente? o su un padre di famiglia che arriva a stento a fine mese? E' veramente così fondamentale valutare l'altro sulla base del nostro punto di vista personale? Chi ce lo chiede?
Succede ovunque. A casa, in ufficio, a scuola, al bar, sull'autobus.
Lo facciamo con tutti. Amici, parenti, colleghi.

Ed anche quando ce ne accorgiamo, è comunque difficile ripristinare un atteggiamento non valutativo. Siamo permeati da un contesto che si concentra tanto su quello che si vede e poco su quello che siamo realmente, e che arriva a mescolare le due cose quando a scuola, alcuni insegnanti, ci identificano con il voto che prendiamo. Sono certo che leggendo quest'ultima riga, a qualcuno sarà scappato un sorriso ripensando a quando il professore del liceo ci disse che non avremmo avuto nessuna possibilità di fare chissà cosa della nostra vita. A me è successo. Oggettivamente, non ero un grande studente al liceo.

Ma nonostante questo mi impegnavo, e andando avanti ho cominciato a studiare di più e meglio. Eppure il mio professore di italiano e latino non la vedeva allo stesso modo.
Il primo voto che presi con lui fu un comunque onorevole 6,5. Per quanto mi impegnassi e migliorassi agli occhi di altri professori, per lui ero uno studente tra il 6 ed il 7 (nei giorni migliori). Un giorno dell'ultimo anno, in pieno periodo di orientamento universitario, mi disse che tutt'al più sarei finito a fare il cassiere al supermercato (lavoro più che mai dignitoso). Figuriamoci se avrei potuto fare l'università (onorevolmente portata a termine).

Immagino che questa esperienza possa essere comune a molti. E che questi molti abbiano a loro volta avuto modo di essere valutanti nei confronti di altri.
Una catena infinita che si può spezzare con la presa di consapevolezza delle ripercussioni che le nostre parole possono avere sugli altri.

Come si comincia ad eliminare l'atteggiamento valutante? Sviluppando una modalità comunicativa assertiva. Presupposto di questa modalità è il saper ascoltare l'altro in maniera attiva, concentrandosi non solo su quello che l'altro dice, ma anche su quello che l'altro prova. Utilizzando con l'altro le stesse parole che vorremmo fossero utilizzate con noi.
Questo può essere positivo tanto per l'altro quanto per noi, che impareremo così a rispettare di più noi stessi oltre che gli altri. Infatti, quando valutiamo, stiamo idealmente puntando il dito verso l'altro.
Ma mentre lo facciamo, ricordiamoci sempre che le altre quattro dita della nostra mano sono contemporaneamente puntate verso di noi.




***Menzione speciale per i miei compagni di classe della sezione C del Liceo Seneca, triennio 2006-2009, con i quali abbiamo condiviso, tra le tante cose, un professore valutante.





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