Le barriere alla comunicazione: indagare

Nell'articolo del 12 gennaio (https://nuovaeducazione.blogspot.it/2018/01/le-barriere-alla-comunicazione-valutare.html) abbiamo cominciato un excursus in direzione di quegli atteggiamenti in grado di ostacolare pericolosamente la comunicazione tra noi e gli altri, a partire dalla prima lettera dell'acronimo V.I.S.S.I. (V di valutare).

Oggi è la volta della I di indagare.

Si tratta di un atteggiamento molto particolare, in quanto nasce solitamente dal desiderio di saperne di più riguardo quello che l'altro ci sta raccontando, e non ha dunque l'intenzione di voler frammentare il processo comunicativo. Ciononostante questo è proprio quello che si verifica. Come?

Tutto parte sempre dalla comunicazione tra due persone, che fungono da mittente (chi parla) e destinatario (chi ascolta). Nel momento stesso in cui la persona da voce alle sue emozioni, entra in uno schema comunicativo chiaro, dove sono ben distinti il tema principale e le relative sfumature che si desiderano raccontare al destinatario del messaggio.
Nel racconto dei propri vissuti c'è inoltre sempre un certo carico emotivo fisiologico che la persona ha già costruito, ripercorrendo a ritroso gli avvenimenti, che in quel momento fluiscono nel dialogo metaforicamente come può fluire l'acqua di un fiume.
Un vero e proprio processo autoindotto in cui la persona si muove agevolmente per comunicare ad una seconda persona il suo messaggio globale.
Cosa accade però, quando il destinatario del messaggio anziché ascoltare attivamente, si fa largo in quel racconto con domande che lo distolgono dal racconto, oltre a distogliere il narratore?

Vediamo un esempio tipico...

Mamma - "Giovanni, perché ieri sera non ci hai avvisati subito che non saresti tornato a casa per cena? ti abbiamo chiamato invano, ed aspettato finchè non ti sei degnato di chiamarci dal telefono di Giulia..."
Giovanni - "Eh mamma, praticamente uscito dalla palestra ho incontrato Luca, e.."
M - "Luca? che ci faceva in giro a quell'ora?"
G - "Eh, ti stavo dicendo... praticamente lui era appena uscito da lavoro e siccom.."
M - "Esce da lavoro a quell'ora e anziché andare a cenare con i genitori se ne va in giro? e che ne sapeva che tu uscivi dalla palestra a quell'ora?"
G - "Mamma, guarda che in realtà lui aveva avvisato la famiglia, e che uscivo a quell'ora glielo avevo detto io..."
M - "Quindi oltre a non averci avvisati che non saresti tornato per cena, ti eri pure organizzato la serata..."
G - "Mamma, però se mi fai raccontare!?"

Cosa immaginiamo che accada in Giovanni quando la mamma di Giovanni comincia ad indagare sulla serata del figlio? La risposta che ci stiamo dando potrebbe essere più o meno la stessa, e cioè che Giovanni si sente incalzato e non ascoltato. Quante volte, in una conversazione, ci è capitato di sentirci come Giovanni? e quante volte ci sarà capitato invece di essere più o meno inconsapevolmente al posto della mamma?

Proviamo ora ad immaginare lo stesso dialogo, ma senza l'indagare della mamma...

Mamma - "Giovanni, perché ieri sera non ci hai avvisati subito che non saresti tornato a casa per cena? ti abbiamo chiamato invano, ed aspettato finchè non ti sei degnato di chiamarci dal telefono di Giulia..."
Giovanni - "Eh mamma, praticamente uscito dalla palestra ho incontrato Luca, e siccome non ci vedevamo da tanto abbiamo deciso al momento di andare a mangiare una pizza assieme a Paolo e Giulia, che sapevo avrebbero avuto la serata libera perché li avevo sentiti nel pomeriggio. Il problema è stato che non era previsto che uscissi, quindi non mi sono portato il caricatore portatile per la batteria del telefono come solitamente faccio quando esco, e la batteria era scarica...mi dispiace... ti ho chiamata col telefono di Giulia appena ci ha raggiunti al locale, dato che aveva il tuo numero in rubrica ed io a memoria non lo so, quindi non ti avrei potuta chiamare col telefono di Luca o di Paolo"
M - "Ok... per la prossima volta allora magari il caricatore per la batteria del telefono portatelo, in fin dei conti è un aggeggino che non ingombra chissà quanto... così se abbiamo bisogno di sentirci stiamo più tranquilli noi e sei più tranquillo tu..."
G - "Va bene mamma.."

Quali differenze ci sono tra il primo ed il secondo dialogo?
Nel primo dialogo, quanto ha influenzato la comunicazione l'atteggiamento indagatorio della mamma? 
Quanto invece, nel secondo, l'atteggiamento di ascolto attivo e disponibilità ha fatto si che si arrivasse una risoluzione positiva del processo comunicativo tra madre e figlio? 


Indagare fa si che semplicemente il messaggio venga avvelenato.
Nel caso della mamma di Giovanni, il suo pensiero parallelo ha fatto si che non si concentrasse realmente sul messaggio che il figlio stava per darle, portandola addirittura a incanalare il suo messaggio nella direzione del giudizio nei confronti dell'amico del figlio, oltre che del figlio stesso.
Si tratta di un atteggiamento ostacolante, radicato nei meccanismi comunicativi odierni, di cui non ci rendiamo pienamente conto. Lo troviamo in tutti i contesti: dalla famiglia alla scuola, passando per il posto di lavoro e l'amicizia.

Come trasformare positivamente questa negativa usanza comunicativa?
sviluppando una reale capacità di ascoltare il messaggio dell'altro, in maniera autentica.

Ultimamente sta prendendo piede quello che si potrebbe definire un giusto messaggio, secondo cui non ascoltiamo l'altro per capire, ma per rispondere.
La risposta non deve essere la priorità, perché ascoltare l'altro significa accoglierne il carico comunicativo ed emotivo di quel momento.
Se ci concentriamo su quello che noi dobbiamo dire, semplicemente sottraiamo autenticità e presenza nei confronti della persona che abbiamo davanti, contaminando la relazione: ricordiamoci che sarà più facile essere ascoltati quando si è in grado di ascoltare..

Imparare ad abbandonare l'Ispettore Gadget che è in noi, può aiutarci in definitiva a sviluppare una comunicazione più efficace tanto verso gli altri quanto verso noi stessi.

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