Educatore professionale, questo sconosciuto

Educatore professionale. Ultimamente se ne sente parlare sempre di più, e poco alla volta diventano sempre di più le persone che (anche fuori dai contesti formativi e lavorativi di riferimento) ne riconoscono il valore sociale oltre che l'impatto che questo può avere sulle nuove generazioni.

La storia ci ha lasciato meravigliosi retaggi teorico-pratici elaborati da importanti autorità educative (Montessori, Rousseau, Pestalozzi, Don Bosco...) divenute d'esempio e di riferimento per tutte le società postume. Educatori che supportavano e nutrivano la crescita della società con la loro competenza e infinita passione. 

Chi sia però l'educatore nel 2018 è qualcosa di non chiaro, permeato da un alone di generale incertezza.  Lo si può definire come un vero e proprio professionista dell'educazione, arrivato a laurearsi in Scienze dell'Educazione attraverso un percorso formativo triennale (minimo), con tutti gli oneri che questo richiede (esami orali e scritti, tirocinio e discussione della propria tesi di laurea).
Chi esce da questa (e solo questa) facoltà con il titolo di "educatore professionale" può e deve essere considerato a tutti gli effetti un professionista educativo in grado di intervenire con metodo nei campi dell'età evolutiva e dell'età adulta, all'interno dei contesti formali, informali e non formali della società: potreste ad esempio trovare un educatore nell'ambito della scuola, della famiglia, dello sport, dell'immigrazione, della tossicodipendenza o della disabilità (solo per citare alcuni contesti di applicazione diretta). Inoltre, a differenza di quanto riscontrabile nella maggior parte dei casi, quella dell'educatore può essere anche una figura maschile (peraltro oltre che fondamentale, anche richiestissima, proprio in virtù della sua carenza: perciò ragazzi, dai dai dai).

Si tratta di un lavoro vero e proprio, lontano anni luce dalla sempre nobile concezione volontaristica, in virtù delle sempre più forti ed ampie necessità sociali di avere risposte strutturate ad una serie di bisogni che il solo "voler fare del bene" non può essere in grado di accogliere.
Nessun operaio saprebbe lavorare senza i suoi strumenti del mestiere: proprio come un artigiano, anche l'educatore ha la sua cassetta degli attrezzi, dove può attingere ad una serie di competenze che necessitano di continua manutenzione per essere utilizzate al meglio nel mondo. Programmare un intervento educativo individualizzato e/o di gruppo, lavorare in equipe, eseguire un intervento educativo strutturato: dall'esperienza derivante da otto anni di formazione continua e continuo intervento pratico, la mia personale cassetta degli attrezzi mi porta a considerare fondamentali questi tre rami di competenze, in un processo circolare che le rende complementari:


1. Competenze teoriche. Sapere. Questo permette di eliminare il velo di Maya che distorce la realtà a discapito dell'educando. Sapere rimanda alla capacità di assorbire elementi teorici che si riveleranno essere fondamentali negli anni, come un paracadute in grado di evitare voli pindarici pericolosi per l'educando... e per l'educatore.
Motivo per cui una formazione universitaria di base deve essere considerata fondamentale per svolgere questo mestiere (anche alla luce dei recenti sviluppi legislativi http://nuovaeducazione.blogspot.it/2017/12/la-nuova-vita-dei-pedagogisti-e-degli.html)

2. Competenze pratiche. Saper fare, e cioè imparare a fare. Il mare calmo non ha mai fatto il bravo marinaio, per cui sperimentarsi in più ambiti possibili e non accomodanti diventa necessario per imparare ad applicare nel concreto ciò che una buona formazione ha fornito durante il periodo di studi.

3. Competenze umane. Saper essere. Avere cioè consapevolezza  di ciò che si è. Nessun bravo educatore può dirsi tale se non sviluppa capacità di ascolto, di presenza attiva e di empatia (elemento controverso e spesso mal interpretato, a cui verrà riservato un apposito spazio di riflessione in futuro). Saper essere in ascolto dell'altro. Sapere essere empatici con l'altro. In definitiva, saper essere presenti autenticamente nella relazione con l'altro, al fine di instaurare una reale e proficua reciprocità.

Si tratta di informazioni di base (più avanti approfondiremo anche i possibili sviluppi professionali postumi alla preparazione universitaria triennale) ma che possono essere lette in una chiave nuova da chi non ha mai avuto contatto con questa figura professionale.
Oggi è davvero importante che l'educatore torni ad essere punto di riferimento per lo sviluppo delle società del futuro, come un faro in grado di accompagnare senza ostacolare, scevro dalla necessità di indottrinare, desideroso di incoraggiare l'altro alla sua libera espressione.

In questo particolare momento storico, dove emerge forte la necessità di trovare dei punti di riferimento in grado di adempiere a questa richiesta, quello dell'educatore può tornare ad essere uno dei modelli più sani da seguire, ed anche per questo è necessario che sempre più persone lo inquadrino per quello che è: un autentico professionista in ambito educativo, capace di intervenire con cuore e criterio.









Se ti è piaciuto questo articolo, non lasciarti scappare: La nuova vita dei pedagogisti e degli educatori
http://nuovaeducazione.blogspot.it/2017/12/la-nuova-vita-dei-pedagogisti-e-degli.html


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